Quella volta che incontrai uno straniero alto e bruno! – X Puntata – “Che ne sarà di noi?”

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“Scusa, Francesco, ti dispiace lasciarci soli un attimo?”.
Giacomo aveva un tono glaciale che non ammetteva repliche. Mentre Francesco, preso alla sprovvista, si alzava e andava via, lessi negli occhi del mio fidanzato una certa ira repressa che conoscevo molto bene. Appena Francesco sparì dalla nostra visuale, Giacomo si avvicinò, si sedette accanto a me e in un secondo mi baciò in un modo direi… “all’ultimo respiro” mentre mi stringeva a sé come se sentisse che gli stavo scivolando tra le dita. Poi, sempre tenendomi stretta mi sussurrò all’orecchio “Ti amo piccola. Scusa se ti ho trattata un po’ male ma avevo le mie buoni ragioni…”.
“Ma cosa ho fatto?”
“Non riguarda te…almeno direttamente”
“Ma chi allora?”
“Adesso riposa. Poi, quando ti sentirai meglio, parliamo, ok? Stiamo per buttare l’ancora”. Giacomo si stava alzando e io lo afferrai per un braccio. Un’ improvvisa sensazione di perdita mi stava avvolgendo facendomi star male.
“Giacomo…”
“Si?”
“Non mi lasciare, stai qui con me. Se la caveranno anche senza di te Stai qui. Ti prego”. Sperai con tutte le mie forze che rimanesse.
“Dai, vado, sono qui tesoro. Hanno bisogno di me”. E andò via.
“Anche io…” sussurrai piano a me stessa, ma Giacomo era già sparito dalla mia visuale. Avevo voglia di piangere. Un’irrazionale, stupida voglia di piangere che non potevo spiegarmi. Mi sentivo sola e abbandonata e mentre il sole scintillava in cielo, nel mio cuore scendeva la notte.
“Sveglia! Basta con queste paranoie! Possibile che devi drammatizzare sempre tutto?”. Una voce perentoria che veniva dal profondo di me cercò di scuotermi. Aveva ragione. Sapevo che non dovevo assolutamente lasciarmi andare a certi pensieri negativi. Ad occhi chiusi cercai di rilassarmi profondamente e di allontanare la nuvoletta nera sulla mia testa. Cercai disperatamente di non pensare a niente ma il battito agitato del mio cuore diventava sempre più assordante. Respirai a fondo e il profumo del mare mi tranquillizzò. Poi mi addormentai profondamente. Credo di aver dormito a lungo. Quando mi svegliai stavo sognando che ero piccola e mia madre mi accarezzava i capelli. Era un sogno bellissimo. Quelle carezze erano così reali. Lo erano infatti. Ma non si trattava di mia madre naturalmente. Non riuscivo a vedere e mi sforzai di alzarmi, nonostante il mal di testa feroce che improvvisamente era ricomparso in tutto il suo splendore. Allungai la mano sopra di me per afferrare il braccio di chi mi stava alle spalle.
“Sono io amore, come ti senti?”.
La voce di Giacomo suonava così dolce in quel momento. Se solo fosse stato più spesso così! Invece la maggior parte delle volte, specialmente negli ultimi mesi, si era indurita parecchio, tanto che spesso mi suonava quasi odiosa. Specialmente quando tentavo di affrontare l’argomento “che ne sarà di noi”? Non era una bella situazione la nostra. Lui abitava a Sassari e lavorava li. Era un musicista. Per l’esattezza suonava l’oboe. Io invece vivevo a Roma già da diversi anni, dopo aver vissuto in altre due città. Ero nata a Sassari, è vero, ma la mia familiarità con quella città si era sempre limitata alle vacanze. In poche parole mi dava un senso di soffocamento. Neanche l’amore sfrenato per Giacomo me l’aveva fatta mai digerire del tutto. Poi a Roma avevo la B&B, la società di relazioni pubbliche fondata da me, Renzo e Camilla, una delle mie migliori amiche. Insomma, era la nostra creatura! Non potevo assolutamente mollare tutto per rintanarmi a vivere a Sassari. Per fare cosa poi? Avevo tentato anche di aprire una succursale della società ma i risultati erano stati così deludenti che il progetto fu archiviato per sempre.
Nessuno di noi due voleva minimamente spostarsi e non ne parlavamo mai. Quasi mai in effetti, perché appena toccavo l’argomento, in poco tempo la discussione degenerava in litigi terribili.

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