PUNTATE PRECEDENTI

Il sole risplendeva. Leni si era fermata nel campiello retrostante il palazzo. Chiuse gli occhi e alzò il viso per sentire il calore del sole. Era così bello essere a Venezia!
«Allora» sussurrò, osservando le calli che partivano dalla piazzetta, «vediamo un po’ dove andare.»
Avrebbe potuto benissimo tirare fuori la piantina dalla borsa ma decise di prendere una strada a caso e di girovagare un po’. Dovunque fosse andata, sarebbe stato perfetto. Si inoltrò in una piccola calle semideserta che la condusse attraverso campi, campielli e sottoportèghi.
Leni era rapita dalla bellezza che la circondava. Osservava la gente, indaffarata nelle proprie faccende quotidiane. Tutto era così diverso dal suo mondo. I suoni, il vociare, il rumore delle barche e quello dei flutti che si andavano a infrangere sulle banchine. Era sufficiente sollevare lo sguardo per trovarsi immersa in un angolo magico e fuori dal tempo, inghiottita dalla laguna e dai suoi mille rivoli come in una fiaba.
Casanova non l’aveva persa di vista neanche un istante. Una forza misteriosa lo stava legando sempre più a quella sconosciuta e non poteva fare altro che assecondarla. La osservava mentre passava leggera in quelle vie antiche a lui così familiari. L’improvviso rumore di un traghetto la fece sobbalzare. Guardò l’orologio e si accorse che il suo giretto era durato circa due ore.
“Due ore? Sophie mi avrà dato per dispersa” pensò, tirando fuori il cellulare dalla borsa. Era ancora silenziato e sul display erano segnalate cinque chiamate senza risposta, tutte di Sophie. Leni fece mente locale. Dove si trovava esattamente? Davanti a lei, poco distante, c’era un imbarcadero del traghetto di linea. Si avvicinò per leggere quale fermata fosse.
«Accademia» bisbigliò tra sé e sé mentre chiamava la sua amica.
«Dove sei finita? Mi stavo veramente preoccupando!»
«Sophie, sono viva! Ho semplicemente vagabondato un po’.»
«Dove sei?»
«Sono alla fermata Accademia.»
«Perfetto, sei vicinissima» concluse Sophie dando a Leni le indicazioni per raggiungere il suo atelier.
Dopo pochi minuti le due amiche si abbracciavano felici in uno studio di pittura affollato di tele e colori.
«Che bello vederti Sophie! Mi sei mancata tantissimo, sai?»
«Anche tu. Se non mi avessi fermata sarei volata subito da te.»
«Lo so.»
L’atelier rispecchiava in tutto e per tutto la personalità di Sophie Tarquin. Era variopinto, disordinato, allegro, proprio come lei. Su un grande cavalletto troneggiava una tela sulla quale si intravedevano appena dei tratti di matita.
«La tua ultima fatica?» chiese Leni, avvicinandosi per vedere meglio.
«Tento una rivisitazione dello stile neoclassico. Sono totalmente affascinata dal genio di Canova. Sto lavorando ad una scena d’insieme piuttosto complessa.»
Sophie iniziò a descrivere a Leni le meraviglie delle perfette proporzioni con l’entusiasmo che la contraddistingueva. Leni si fece distrarre volentieri. Il suono familiare della voce di Sophie l’aveva fatta sentire come a casa, protetta e al sicuro. Poi, però, la sua mente iniziò a vagare e il pensiero di Charlie tornò prepotentemente a tormentarla. Sophie se ne accorse.
«Leni, ci sei?»
La voce di Sophie la fece tornare in sé.
«Si, scusa, è che…»
«…È che la tua prolissa amica si è fatta prendere un po’ troppo la mano. Mi spiace tesoro. Ti va una bella tazza di tè?»
«Ottima idea» rispose Leni accomodandosi su un invitante divanetto di velluto rosso. Aveva un disperato bisogno di confidarsi con la sua migliore amica, raccontarle la cosa orribile che le era successa e, se necessario, piangere, fino a sfinirsi, tra le sue braccia.
«Dai, dimmi tutto, nei minimi particolari» le disse Sophie porgendole una fumante tazza di tè e sedendosi a fianco a lei.
Leni la guardò negli occhi per qualche secondo.

Copyright © 2016 Lisa Carboni

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