In qualche modo ce la feci. Ero stata anche fortunata visto che i Fantino, i proprietari di una delle più grandi aziende di caffè, nostri clienti, avevano chiamato per avvertire che avrebbero tardato un po’. Mi rilassai seduta alla mia scrivania tentando di dimenticare quell’inopportuno sogno che cercava di destabilizzarmi. Non lo avrei permesso. Chiusi gli occhi, respirai lentamente e a fondo e feci mentalmente il punto della situazione. Ero a Roma già da tre settimane. Tutto era tornato normale. Il lavoro, le uscite, le telefonate con Giacomo. Tutto come al solito. La verità era che a Roma mi divertivo moltissimo. Intorno alla nostra agenzia di relazioni pubbliche e organizzazione eventi gravitavano i più strani e interessanti personaggi che abbia mai incontrato in vita mia. Non c’era certo di che annoiarsi. Il nostro ufficio era sullo stesso pianerottolo di casa mia. Eh sì, era stato un colpo di fortuna trovarlo proprio li. Insomma, la mia vita gravitava intorno al numero 72 di via Federico Cesi, una trafficata via del quartiere Prati.
In quel periodo stavamo organizzando un grande evento proprio per i Fantino. Tra inviti, cartelle stampa, invio di comunicati stampa, il nostro ufficio era in grande fermento. Io, Renzo e Camilla, dividevamo una grande stanza ovale dove avevamo sistemato le nostre scrivanie in modo da poterci vedere tutti e tre in faccia. Ci piaceva così, invece di avere una stanza per ciascuno. Amavamo lavorare a stretto contatto e dividere così non solo il lavoro ma anche le nostre vite che, anche privatamente, erano piuttosto intersecate. In poche parole, stavamo sempre insieme dal mattino alla sera senza mai stancarci. Avevamo la maggior parte degli amici in comune, amici che venivano spesso a trovarci, nei momenti più impensati della giornata. Verso le sei era il momento di maggior affluenza. C’era sempre qualcuno con cui organizzare qualcosa.
La maggior parte delle volte ci spostavamo a casa mia per cena e alla fine le cene si trasformavano quasi sempre in party improvvisati. L’unico neo era che Giacomo non c’era. E da qualche tempo era sempre più chiaro che non ci sarebbe mai stato. Anzi, ultimamente era diventato addirittura astioso quando gli raccontavo cosa facevamo oppure quando lo chiamavo durante quelle serate nel tentativo di includerlo in qualche modo. Era diventato così pesante che ultimamente, se mi chiamava durante una cena con gli amici, mi rifugiavo in fondo alla casa, chiusa in bagno, con la finestra aperta, perché non sentisse il frastuono, e gli dicevo che ero con Renzo e Camilla a chiacchierare. Solo noi tre. Che pesantezza di situazione! Sentivo che, piano piano, stava sviluppando un’avversione verso Roma, i suoi abitanti, i miei amici e la vita che facevo. Era geloso, naturalmente, ma invece di dirlo chiaro e tondo, reprimeva tutto e si sfogava in altro modo. Io, a parte la parentesi di Francesco, non gli avevo mai dato motivo di essere geloso ma lui stava facendo di tutto per rendersi semplicemente odioso. Ci tenevo tantissimo che venisse a quell’evento importante che stavamo organizzando per la settimana successiva ma mi faceva penare non decidendo mai se partire o no. Così da un lato, c’ero io che lo rincorrevo e dall’altro, lui che faceva il prezioso! E in un angolo del mio cuore, evidentemente, c’era ancora Francesco mentre io non volevo che ci fosse. Non lo volevo…veramente! Ma quel sogno, era così reale.
«Sono arrivati Linda…Linda sveglia!”
Camilla, una delle mie migliori amiche nonché mia socia della B&B, mi riportò alla realtà.
«I Fantino sono qui, ci stanno aspettando in sala riunioni”.
“Ah sì, certo, certo, i Fantino, eccomi, sono pronta, andiamo”, le risposi alzandomi dalla sedia.
«Ma dove vai” mi fermò Camilla, «devi prendere il pc con tutta la presentazione”
«Il Pc, sì, è vero, il Pc. Ma…dov’è?” Mi guardavo in giro. Ero completamente imbambolata. Non vedevo più il mio computer sul quale avevamo faticosamente organizzato la presentazione per i nostri clienti. Panico.
«Non c’è, oddio…siamo rovinati!”
«Ma ti calmi?” Camilla per tutta risposta prese la mia borsa da terra e me la porse. «Non sarà qui dove dovrebbe essere?”
La guardai, presi la borsa, la aprii e infatti il mio computer stava lì, bravo bravo al suo posto, pronto per essere preso.
«Eccolo” dissi, abbozzando un sorrisetto che, glielo leggevo negli occhi, non la convinceva affatto.
«Senti Linda, ora riprenditi per favore. Guardami.”
La guardai.
«Siamo tutti sotto stress ma non è questo il momento di impazzire, ok?”. Camilla era serissima e anche un po’ preoccupata.
«Si, hai ragione Cami, scusa, è che…non so neanche io cosa mi abbia preso stamattina.”
Ero delusa da me stessa. Quella riunione era veramente importantissima per la nostra società e io che stavo combinando? Stavo per compromettere tutto presa dalle mie inutili e controproducenti turbe amorose. Non era possibile! Dovevo darci un taglio. Subito!
Presi il computer in mano, feci un respiro profondo, riordinai velocemente le idee e fui pronta per affrontare Rosario e Gaspare Fantino, proprietari della Coffee International Spa, una delle più importanti ditte di caffè a livello internazionale che, se tutto fosse andato come doveva andare, dopo l’evento che stavamo organizzando per loro, ci avrebbero fatto firmare un contratto stellare che avrebbe dato una svolta epocale alle nostre sorti lavorative.
«Sono prontissima! Andiamo”, esclamai col mio prezioso computer stretto tra le mani.
«Brava Linda! Andiamo.”