«Molto bella» commentò Leni entrando nella stanza che era realmente notevole.
«Non è stato molto gentile con me.» gli disse con inaspettata franchezza. «Fin da quando mi ha scavalcata all’imbarco, il suo comportamento è stato semplicemente odioso.»
Francesco non rispose ma alzò un lenzuolo rivelando una magnifica specchiera. Leni si avvicinò colpita dalla bellezza del mobile e si sedette sul panchetto di velluto rosa antico guardandosi allo specchio mentre Francesco la fissava.
«Su questo tavolo da toilette si è specchiata anche Maria Antonietta di Francia.»
Leni lo guardò interdetta attraverso lo specchio.
«Proprio un buon auspicio! Grazie per avermelo detto.» rispose Leni con sarcasmo.
«E va bene, ha ragione. Non sono stato un campione di educazione e le chiedo scusa.»
«Troppo tardi. Quello che contraddistingue un uomo è proprio quello che fa quando pensa di non essere notato. E lei, non ha dato certo prova né di gentilezza né di educazione, mi dispiace.»
Leni era sempre più presa da un moto di irrefrenabile acidità. Se ne rendeva conto ma non poteva smettere.
«Touché» concluse Francesco.
Senza più parlare, visitarono un altro paio di camere e boudoir studiandosi l’un l’altro, infine, entrarono in una stanza dove troneggiava un enorme letto a baldacchino, tutto stuccato, con intarsi dorati.
«Questa è la camera da letto padronale» spiegò Francesco, «vuole aprire gli armadi per verificare che non ci siano scheletri o roba del genere?»
«Lei è molto spiritoso, lo sa?» replicò con sarcasmo Leni che si stava trattenendo dal ridere. La situazione era veramente comica. Proprio lei che passava per una fanatica in cerca di fantasmi! Ovviamente non c’era nessuno spettro. C’era solo odore di muffa. Muffa e scricchiolii di mobili tarlati.
“Più che scricchiolii, sembrano rumori di… non saprei dire…” pensava Leni. Poi sentì qualcosa, si guardò il braccio e vide che era ricoperto di polvere grigiastra.
«Ma cosa…?» fece appena in tempo a dire prima di sentirsi afferrata e scaraventata sul letto mentre contemporaneamente un rumore assordante e una pioggia di sassi e macerie franava dal soffitto.
Tutto era avvenuto con grande velocità e improvvisamente si era fatto buio.
«Tutto bene?» sentì che le domandava la voce di Francesco.
«Ma che è successo?» chiese a sua volta Leni.
Era sdraiata sul letto e Francesco era sopra di lei. Capì improvvisamente che l’aveva salvata dalla pioggia di sassi che era venuta giù dal soffitto. Il baldacchino li aveva salvati entrambi.
«È crollata una parte del soffitto» sussurrò Francesco.
«Come aveva detto prima? ‘Potrebbe cadere un po’ di intonaco’, vero?» replicò Leni.
«Non era mai successo fino ad oggi. Sarà stato per la sua visita, che dice?»
«Carino.»
«Le coincidenze non esistono. Questo è un fatto.»
«Il suo gomito mi sta perforando il torace. Anche questo è un fatto.»
«Ah, mi scusi tanto.»
Francesco fece per spostarsi ma, appena si mosse, cadde un altro pezzo di soffitto.
«Dovrà resistere ancora un po’. Aspettiamo che la pioggia di sassi si fermi.»
«Morirò soffocata. Ma perché questo buio?»
«Devono essersi abbassate le cortine di velluto del baldacchino» spiegò, sempre a voce bassa, Francesco, col viso vicinissimo a quello di Leni.
«Perché stiamo sussurrando?» chiese Leni con un tono di voce abbastanza normale, considerando il fatto che era letteralmente schiacciata dal peso di Francesco.
Un altro fragore.
«Ecco perché. Soddisfatta? Abbassi la voce altrimenti verremo sepolti dall’intero terzo piano. Non posso garantire per la solidità del baldacchino. Del resto, ha circa cinquecento anni, sa com’è!»
Una delle cortine si era staccata ed un barlume di luce illuminò il letto. Leni vide lo sguardo di Francesco su di lei. I suoi occhi castani illuminati da pagliuzze dorate avevano un’espressione stranamente dolce, così diversa dallo sguardo glaciale che lo aveva contraddistinto fino ad allora.
Leni iniziava a sentire un certo imbarazzo per la vicinanza forzata. Francesco se ne accorse.
«Spero che non corra a denunciarmi per molestie» disse ironicamente.
«Come le salta in mente?»
«Non so, da lei mi aspetto questo e altro.»
«Si sbaglia» rispose un po’ risentita, «le sono riconoscente invece. Anche se non mi piace ammetterlo, lei mi ha salvato la vita, credo.»
Francesco le sorrise.
«Non mi perdonerà mai, vero? Va bene, me ne farò una ragione.»
Leni non riusciva ad essere se stessa con quell’uomo. Inoltre, l’atmosfera che si respirava in quella casa non l’aiutava di sicuro. Sembrava stimolarle gli istinti più aggressivi.
Una finestra si spalancò all’improvviso e un vento freddo entrò nella stanza. Il tempo era decisamente cambiato.
Casanova non riusciva a placarsi. Un’ansia tremenda lo teneva inchiodato a Palazzo Veronese. Tentava di avvicinarsi ma un’energia negativa, sempre più forte e oscura, lo respingeva. Il cielo era ormai diventato nero, il vento soffiava sempre più forte. Sembrava che stesse per abbattersi una specie di tornado estivo.
«Giacomo!»
Casanova si voltò.
«Cosa vuoi Malvina, vai via.»
Malvina, seguita in lontananza da Adriano Cortis, Bepi ed altre anime vaganti, cercava di allontanare Casanova da Palazzo Veronese. Sembrava che quel luogo, purtroppo maledetto, stesse attirando tutti i fantasmi veneziani.
L’aria era densa di energia pronta per esplodere.
«Vieni via Giacomo, lo sai che non puoi stare qui.»
«Vattene Malvina!» urlò Casanova sempre più attirato verso il palazzo.
«Giacomo, ti scongiuro, a nome di tutti, vieni via adesso!»
Un lampo attraversò il cielo e il successivo boato del tuono annunciava una pioggia battente.
«La ragazza è dentro?» chiese Adriano che, nel frattempo, si era avvicinato a Casanova.
«Sì» gli rispose quest’ultimo, senza staccare lo sguardo febbrile dal palazzo.
«Giacomo, ascoltami. Tu sai cosa succede quando ti avvicini troppo a questo luogo. La ragazza sarà veramente in pericolo se non ti allontani da qui. Se ci tieni a lei, devi andare via più velocemente possibile.»
Le parole di Adriano caddero nel vuoto.
Il boato del tuono, il vento e il buio improvviso all’esterno avevano fatto venire un brivido a Leni.
«Come va, sente freddo?» le chiese Francesco. Leni stava per replicare ma Francesco le mise una mano sulla bocca.
«Ha sentito?» le chiese con un sussurro.
Leni si mise in ascolto.
Sembrava che un gruppetto di persone stesse correndo nel corridoio.
«Sento un rumore di ferraglie e delle voci, ma non capisco cosa dicano» sussurrò all’orecchio di Francesco.
La porta si chiuse di colpo provocando un’altra caduta di sassi dal soffitto e si udì il rumore della chiave che girava nella serratura.
«Chi può essere?» chiese Leni allarmata.
Un rumore di passi strisciati nella stanza li fece rabbrividire. Stettero qualche istante fermi col fiato sospeso. Poi, all’improvviso, le cortine di velluto si scostarono e una sagoma indistinta comparve dietro le spalle di Francesco.
«Attento! Dietro di te!»
Leni non poté fare a meno di urlare. Francesco si girò di scatto e in un secondo afferrò la figura alle sue spalle.
«Aiuto, signore! Sono io!»
Francesco mollò la stretta che stringeva il collo di Sebastiano.
«Mi dispiace signore» iniziò a scusarsi il domestico.
«Chi c’era con te?» chiese Francesco.
«Nessuno signore, glielo giuro!»
«Perché hai chiuso a chiave la porta?»
«Io non ho chiuso nessuna porta! Ho sentito un rumore assordante e sono venuto a vedere cosa fosse successo.»
Leni e Francesco si guardarono con aria scettica.
«Ne parliamo dopo» disse con aria severa Francesco al domestico. «Il soffitto ha avuto un cedimento.»
Francesco, con cautela, si fece largo tra i detriti sul pavimento e aiutò Leni a scendere, prendendola in braccio per spostarla velocemente dalla zona del crollo.
«Usciamo tutti. Qui è pericoloso.»
Quando furono fuori dalla stanza, Francesco ordinò seccamente a Sebastiano di chiamare l’impresa di ristrutturazioni. Poi lo congedò.
«Probabilmente è anche un brav’uomo» commentò, osservandolo mentre si allontanava per il corridoio, «ma devo ammettere che è un po’ sinistro e questo non mi aiuterà di certo a far dimenticare la fama del mio palazzo. Io non credo ai fantasmi ma questo genere di chiacchere può essere molto nocivo, specialmente quando si deve combattere per mantenere un palazzo come questo.»
«Capisco.»
Leni aveva avvertito una nota sincera e spontanea nella voce di lui e gli sorrise. Francesco la fissò per qualche istante.
«Possiamo darci del tu e ricominciare tutto da capo?» le chiese.
Leni rimase interdetta. Non si aspettava un atteggiamento così amichevole da parte di Francesco.
«Penso di sì» rispose, pensando che, forse, avrebbe potuto dargli una seconda opportunità.
Improvvisamente la prese una grande stanchezza.
«Che ne dici di rimandare il giro turistico a un’altra volta?» gli chiese.
«Ma come? Ci stavamo divertendo un mondo» rispose Francesco ironicamente.
Leni sorrise ma quel palazzo le dava un senso di soffocamento e non vedeva l’ora di uscire all’aria aperta.
Si salutarono.
«Non penserai che sia stata opera dei fantasmi, vero?» le chiese Francesco sulla soglia. Leni si girò e sorrise.
«Chissà» esclamò. Poi si incamminò verso casa.
Avvertì un brivido di freddo e tirò fuori un maglione infilandolo rapidamente. Il cielo era pieno di nuvoloni neri carichi di pioggia.
«Spero che non piova» pensò preoccupata, allungando il passo.
Mano a mano che si allontanava da Palazzo Veronese il cielo si faceva sempre più chiaro e, poco dopo, anche il sole tornò a brillare.
«Scampato pericolo» pensò.
«Non sa che è stato veramente uno scampato pericolo» commentò Malvina, rivolta ad Adriano. «Ancora qualche minuto e si sarebbe scatenato un finimondo.»
I due erano veramente preoccupati e si augurarono che la bella sconosciuta non tornasse più da quelle parti. Casanova intanto, aveva ripreso la sua aria distaccata e sembrava aver dimenticato l’episodio.
Copyright © 2016 Lisa Carboni
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