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Alle prime luci del mattino, un raggio di sole che era riuscito a infiltrarsi tra le assi delle persiane, decise di soffermarsi sul viso di Leni fino a farle socchiudere gli occhi.
«Buongiorno bella sconosciuta» le sussurrò Casanova che era rimasto accanto a lei tutta la notte.
Leni si crogiolò nel letto per un po’ e, infine, si decise ad alzarsi, impaziente di iniziare la sua prima giornata veneziana.
In cucina non c’era niente da mangiare. Trovò un pacco di caffè e la caffettiera ma, ignorandone l’uso, rimise tutto ordinatamente al suo posto. Era affamata. La sera prima non aveva cenato ed ora lo stomaco si stava facendo decisamente sentire. Si ricordò che in borsa aveva i biscotti che le avevano dato sull’aereo. Li trovò e, dopo averne mangiato un paio, finalmente si sentì meglio. Continuando a sgranocchiare arrivò allo scrittoio e iniziò a fare il punto della situazione. Prese il suo blocco per gli appunti e scrisse: “cose da fare oggi”.
«Innanzi tutto» si disse, guardandosi intorno, «riordinare. Due, fare l’itinerario delle ville da visitare.»
Non aveva un itinerario ben preciso e decise che avrebbe buttato giù un percorso di massima partendo dall’atelier di Sophie.
«Tre, andare da Sophie, quattro…»
Infilò la mano nel sacchetto dei biscotti e si accorse con disappunto che erano finiti.
«…fare un po’ di spesa.»
Staccò la penna dal foglio ma solo per rimettercela subito dopo per aggiungere «Cinque, capire come si fa il caffè.»
Mentre scriveva, stava seduta sulla sedia un po’ scompostamente. I lunghi capelli neri le ricadevano sulla schiena e ogni tanto qualche ciocca le sfuggiva sugli occhi. Casanova era ipnotizzato da quella visione. Osservava le mani affusolate della ragazza che attorcigliavano i capelli fra le dita con noncuranza, come se seguissero l’andamento dei suoi pensieri. La leggera camicia da notte lasciava scoperte le bellissime gambe leggermente abbronzate mentre il viso assorto, dal profilo così perfetto ed elegante, emanava una tale bellezza che Casanova si sentiva sopraffatto mentre i suoi dolorosi ricordi tornavano ad affiorare per dargli il tormento.
«La tortura della nostra condizione sta nel fatto che ci sembra in tutto e per tutto di essere vivi.»
Adriano Cortis apparve vicino a Leni enunciando quella triste verità.
«Questo è l’inferno Adriano e noi siamo dannati per sempre» gli rispose Casanova, senza distogliere lo sguardo da lei.
Lo squillo del campanello interruppe i cupi pensieri dei due uomini che rimasero a osservarla mentre andava ad aprire la porta.
«Buongiorno signorina.»
La donna sulla porta aveva un sorriso radioso stampato sul volto. Sprizzava vitalità e buonumore da tutti i pori. La sua stazza generosa diede a Leni un’immediata sensazione di familiarità e sicurezza. Sembrava la classica massaia, madre di famiglia e moglie devota. E, molto probabilmente, lo era.
«Buongiorno, prego entri. Io sono Leni.»
«Sono Rosalba signorina, tanto piacere.»
Rosalba entrò portando dentro due enormi buste della spesa e si diresse a passo sicuro verso la cucina.
«Mi occupo sempre io di questo appartamento, sa? Ormai sono quindici anni. Quindici, pensi un po’. Mi spiace che ieri non sono potuta venire a preparare per bene ma sa, era il giorno della cresima di Enrico, il mio figlio minore. Tutti i parenti a casa, si immagina? Oggi, infatti, sono venuta un po’ prima e mi sono permessa di portarle un po’ di colazione eh?»
Rosalba, con il suo inglese ottimo ma stranamente cantilenante, mise a posto la spesa, tirò fuori un vassoio con croissant e altri dolci e li sistemò in un batter d’occhio davanti a Leni che la osservava rapita e che, seduta al tavolo, si lasciava coccolare con grande piacere.
«Parla bene l’inglese!» osservò Leni un po’ stupita.
«Si, è vero, ma sa, per tanti anni, da ragazza, sono stata a servizio della famiglia Flaherty, sa John Flaherty, il pittore? Ha vissuto qui a Venezia finché non è morto, poareto. Un dispiacere… Allora, la signora Flaherty mi ha voluta con sé in Inghilterra nella loro tenuta nello Hampshire. Ma signorina, che posso dirle? Due anni e già non ne potevo più di tutta quella pioggia! Avevo troppa nostalgia dei canali e poi qui avevo lasciato il fidanzato. Insomma, sono tornata a Venezia, mi sono sposata e di Inghilterra non ne ho più voluto sapere nulla. Ora, questo inglese che ho imparato mi fa comodo, sa? Eh sì, perché ogni volta che ci sono ospiti inglesi o americani mi chiamano sempre. Fa proprio comodo sa? Ho cinque figli da sistemare! L’ultimo, Enrico, si è cresimato proprio ieri. Ma già gliel’ho detto.»
«Rosalba, posso chiederle una cosa?» la interruppe Leni.
«Ma certo, dica pure!»
«Mi prenderà per una stupida ma… come si prepara il caffè?»
«Oh mamma! Il caffè! Mi scusi eh? Ora le faccio vedere.»
La parlantina di Rosalba, l’ottima colazione e il sole che brillava inondando di luce la casa l’avevano messa di ottimo umore. Con l’aiuto di Ros, così aveva ribattezzato Rosalba, Leni aveva sistemato le sue cose, aveva imparato tutto quello che doveva sapere sulla casa, sul portiere e sui vicini e, prima di uscire, stava dando un ultimo sguardo all’itinerario delle ville maledette che avrebbe dovuto visitare.
“Allora, l’atelier di Sophie è qui… e io mi dirigerò da questa parte. Poi, vedremo.”
Disegnò con la penna un cerchio sulla piantina di Venezia, la ripiegò e la mise in borsa.
«Ros! Hai visto per caso da qualche parte la mia macchina fotografica?» chiese Leni ad alta voce.
«Deve essere nell’armadio signorina» le rispose dal salotto Rosalba.
Leni guardò nell’armadio ma non trovò niente.

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Copyright © 2016 Lisa Carboni

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